SPIGOLATURE PER UNA STORIA DEL TORRONE DI POLISTENA
(attraverso le fonti archivistiche)*
di Giovanni Russo
La voce “copeta”[1], forse da “cubbaita”, una forma di torrone arabo o dal latino “cupedia”, ci induce ad aprire una parentesi su alcuni dolci tipici locali, specie sul torrone che, da tempo immemorabile, rappresenta, assieme alle “zeppole”, alle “nacatole” e alle “nocelle”, alle susumelle, le pitte di San Martino, l’alimento più gustato e più richiesto delle festività natalizie polistenesi.
Il torrone, infatti, prodotto con miele, zucchero e mandorla, rappresenta ancora oggi, per le pasticcerie locali, una sostanziosa fonte di guadagno. E’ prodotto artigianalmente e viene esportato, anche se in modeste quantità, all’estero. Ma quali sono le fonti archivistiche che ci confermano la lavorazione ed il consumo del torrone e della copeta nel corso del Sei-Settecento ? Eccone un breve escursus.
Attraverso la lettura della relazione del Tabulario Sabatino[2] del 1669, rileviamo subito una spesa di ducati 33 per “copeta di Natale”.
L’allevamento delle api nelle vigne del Palazzo dei Milano[3], nel 1735, fa presupporre l’estrazione del miele anche per uso di manipolazione e produzione di dolci.
Tra le spese che l’Università (o meglio il Comune) di Polistena sostenne[4] nel 1749 e negli anni successivi, figura la seguente: “Alli Cappuccini e PP. Paolini per la copeta di Natale e nocelli...3;
La copeta, infatti, che è simile al torrone, forse progenitrice dello stesso, ma composta di farina, miele, vino cotto e sesamo, è indicata tra i dolci natalizi. Potrebbe corrispondere, forse, al dolce che,
nell’attuale forma dialettale polistenese, si chiama “nzuda”[5], composto di farina, zucchero, strutto di maiale, lievito di ammoniaca e poche mandorle ? Al momento non lo sappiamo.
Nelle spese registrate[6] a Gennaio 1736, ma relative a movimenti di Dicembre 1735, già troviamo un acquisto di rotoli 5,50 di copeta e “uno stoppello di nocelle” per un importo di ducati 1.10. Fin qui la copeta. Di seguito, le registrazioni per il torrone.
Negli esiti del 22 Dicembre 1780 della Platea del Convento dei Paolotti di Polistena[7], troviamo che furono spesi carlini sedici e grana nove “per torrone rot.a sette convenienza a’ Religiosi” e grana trenta quattro “per un rotolo e mezzo di copeta”.
Stessa cosa negli esiti[8] del 18 Dicembre 1781: “Per sette rot.a di torrone e strina alli medemi Religiosi....01.- 69; per due rot.a di copeta...00.-40; per un quarto di nucille...==.-50”. Ancora il 27 Dicembre 1782: “Per sei rot.a di torrone e due di copeta, carlini 02.- 30”.
Altro documento che evidenzia come il torrone prodotto a Polistena era richiesto anche dai centri viciniori è un “Libro di introito ed esito del Convento di S.Elia di Galatro”[9]. Nell’esito di Dicembre 1782 rileviamo che “di torrone a Polistina” furono spesi carlini sei.
Anche dalla Platea delle Clarisse[10] di Polistena rileviamo le seguenti annotazioni:
- 22 Dic. 1803 : Pagati a dì detto torrone rot.a due .......- -. - 51;
- 06 Dic. 1805 : Torrone rot.a cinque e torroncini fini 02.-62.6;
- 17 Dic. 1805 : Più rot.a quattro di torroncini p. il monastero 02.-40;
- 21 Dic. 1806 : Per torrone e nocelle per la serva 00.-37; torrone e nocelle per le monache 03.-30;
- 26 Dic. 1807 : Più a di detto alla serva per torrone 03;
- 21 Dic. 1808 : Per torrone un rotolo e mezzo 01.-35;
- 17 Dic. 1810 : Per due rot.a di mandoli, ed ovi pd ovi p. fare li dolci nel vicino Natale 01.-50”.
Come abbiamo visto, nelle registrazioni, il mese di Dicembre è sempre costante, il che conferma chiaramente come sia la copeta, sia il torrone, sia le nocelle venivano consumati solo nel periodo natalizio.
Che i torroncini fossero davvero eccellenti, lo si può evincere anche da uno stralcio di lettera[11] che il Principe d’Ardore e Marchese di Polistena indirizzava a Napoli alla Principessa Maria
Giulia Cattaneo, sua moglie, il 15 dicembre del 1818, nella quale annunciava l’invio, anche di torroncini: “ora che termino la presente, mi si dice, che la barca partirà venerdì, dunque p. mezzo di essa sper'in Dio inviarti altri fichi, ed altr'olio, e certi dolci, e torroncini eccellenti”.
Degli speziali manuali che producevano torrone, copeta e dolci vari abbiamo notizia di un tale Palermo[12], del 1790, di tali Francescantonio Lanzo[13] e Cardona[14] del 1819.
Se il Palermo e Lanzo vanno considerati polistenesi, non sappiamo se il Cardona possa essere considerato anche polistenese o se uno dei tanti “ferari” provenienti da altra località, in occasione della fiera della Candelora.
Ad onor del vero, va indicato altro ulteriore “Cardona” per l’anno 1874. In tale epoca, infatti, dalla famiglia del marchese Rodinò[15]venne mandato un corriere a Jatrinoli, da un tale Cardona, “per le scatole di torrone”.
Non mancheranno, fin dagli inizi del Novecento a Polistena, rinomate fabbriche di torrone, premiate in diverse esposizioni nazionali: quelle dei Riolo ed Andriello specialiste, articolarmente, del “gianduiotto”.
Dagli anni ’50 a tutt'oggi, numerose aziende artigianali perpetuano la produzione a forte connotazione artigianale che meriterebbe una più accurata diffusione e valorizzazione proprio perché rappresenta una fonte economica e culturale della società polistenese.
Ma di questo ci occuperemo, nello specifico, in altra sede.
(*) Queste spigolature sono estratte, in parte, dal saggio di G. RUSSO: L’alimentazione alla corte dei Milano di Polistena,
in INCONTRI MERIDIONALI: Rivista quadrimestrale di storia e cultura, Soveria Mannelli, Rubbettino, n.2/3 - 1994, pp. 239-308.
[1] F. PITARO, La copeta, in Calabria Sconosciuta, a. IX, n. 36 (Ott.-Dic. 1986), pp. 29-30.
[2] La relazione di cui sopra si trova in G. VERRINI, Per la revindica del territorio di
Polistena aggregato a Casalnuovo. Polistena 1932, p. 46.
[3] B.C.P., Fondo Arch. Milano, n. provv. 5, Libro maestro segnato di lettera B.,
Api nelle vigne del Palazzo di Polistina, a cura di M. Bitonti e A. Scarfò, c. 63.
[4] B.C.P., Fondo Arch. Milano, n. provv. 10, Giornale di lettera B, 1735, f. 636.
[5] F. LARUFFA, Dizionario calabrese italiano. Roma 1986, p. 128.
[6] B.C.P., Fondo Arch. Milano, n. provv. 1, Giornale..., Gennaio 1736.
[7] A.S.D.M., Paolotti, Esito di q.to Con.to di Polistina 1780, c.3.
[8] Ibidem, c. 13.
[9] A.S.D.M., II-b-8, Libro dell’Introito e dell’Esito del Convento S. Elia di Galatro
cominciato in tempo della guardiania del P. Antonio da Oppido, cappuccino, 1779-
1784.
[10] A.S.D.M., II-j-9, Conto in danaro d’Introito ed Esito, che dona il Rev. Can.co
D. Rosario Pronestino quale P.re ed Amm.re del V.ble Monastero di S. Chiara di
q.ta Città di Polistina alla R.ma Curia di Mileto...1797-1811.
[11] B.C.P., Fondo Arch. Milano, n. provv. 226, Copia Lettere 1818-1819.
[12] B.C.P., Fondo Arch. Milano, n. provv. 785, Nota di m.ro Vincenzo Caracciolo
con lettera del 29 dic.1790. In detta lettera, tra l’altro, leggiamo: “p. l’affare del
turrone e del zucchero una come che in quest’anno quel Espeziale Palermo...”.
[13] Ibidem.
[14] B.C.P., Fondo Arch. Milano, Alleg. n. 95, Dolci presi nella fiera della
Candelora.
[15] B.C.P., Fondo Arch. Rodinò, R.A. 1874, 16 Dic.
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